| eng
Cristina Kristal Rizzo

VN Serenade




Verklärte Nacht by Arnold Schönberg,
Serenade in do maggiore for arches op. 48 by Pëtr Il’ič Čajkovskij

coreografia Cristina Kristal Rizzo con Annamaria Ajmone, Marta Bellu, Linda Blomqvist, Jari Boldrini, Marta Capaccioli, Nicola Cisternino, Lu-crezia Palandri, Giulio Petrucci, Stefano Roveda, Sara Sguotti light design Carlo Cerri costumi Laura Dondoli e Cristina Kristal Rizzo assistente musicale Federico Costanza produzione LuganoInScena in coproduzione con LAC, OSI e CAB 008 con il supporto di Armunia Centro di residenza artistica Castiglioncello (LI) Festival Inequilibrio sponsor di produzione Clinica Luganese Moncucco | in collaborazione con Hotel de la Paix con il sostegno di MiBACT e Regione Toscana



La creazione ricerca il rapporto più prossimo tra danza e musica, emancipando le potenzia-lità espressive del corpo, l’eleganza del gesto, la reversibilità che intercorre nello spazio tra impulso e decisione, tra determinazione e imprevisto in cui l'umano si esperisce come puro potenziale. La dimensione coreografica si avvale di due metodologie differenti nell’approccio alla forma, ma speculari nella generazione di un’esperienza estetica in cui lo spazio tra la realtà e l’apparenza, l’individuo e la collettività costituisce un rinnovato luogo di libertà per il sensibile, una diversa postura politica dei corpi.
Verklarte Nacht nella versione del 1943 per orchestra d’archi apre la serata ed è l’incipit per articolare una danza viscerale, in un susseguirsi di duetti in cui è l’istinto del corpo nell’ascolto musicale a prevalere sul concetto, a disegnare l’immagine dinamica del gesto artistico. È la partitura di Schönberg, che lo stesso autore nel 1950 definisce come musica pura, a condurre l'interiorità, a far vibrare l’impersonale della danza come potenziale, come origine e materia di un senso a venire.
Serenade op.48 in do maggiore per archi, è il primo balletto originale che Balanchine creò in America nel 1934 per gli studenti della Scuola dell’ American Ballet Theatre. Il balletto è una pietra miliare nella storia della danza ed è tutt’oggi nel repertorio del New York City Bal-let. La creazione di Balanchine, pensata come una sorta di lezione di tecnica on stage, pre-vede 28 danzatori in costumi blue davanti ad uno sfondo blue. È dunque il rapporto più di-retto con la forma coreografica che viene proposto come disciplina e dedizione rigorosa alla domanda che ogni profonda trasformazione del corpo e del linguaggio produce. Un’ecologia dell’esperienza dove tutto procede a coinvolgere in un unico istante i processi del pensiero, la sensibilità, l’immaginazione, la fisicità del movimento, l’attenzione, l’adesione estetica a una vertigine, senza più distinzione tra materia e forma. È un incedere lento, inesorabile, l’incedere di un presente indicativo dove l’attimo non è che il sembiante di un tempo più vasto, il carattere antico di un eterno ritorno. Ed è proprio ancora Schönberg a darci la chiave di lettura migliore di questa scommessa: When the form is in place every-thing within it can be pure feeling.


DEBUTTO: prima internazionale LAC/ Lugano in scena | 25 novembre 2017
con OSI Orchestra della Svizzera italiana | direttore Nicholas Milton


DISEGNO LUCE
Il disegno luce a cura di Carlo Cerri è elemento organico della creazione.
Il nero come in una notte scura avvolge tutto lo spazio, un nero abisso da cui far emergere la fosforescenza della pelle dei corpi, il calore che trasuda la pelle quando l’emozione ci at-traversa. Da qui, dalla notte scura e trasfigurata, si passa con un balzo temporale non cro-nologico alla purezza della forma di Balanchine, all’inizio del Balletto come lo sentiamo og-gi o all'inizio della destrutturazione della forma balletto. Balanchine afferma di non voler raccontare un bel niente, di aver costruito Serenade all’evenienza di chi aveva in sala prove e dunque di aver fatto un balletto non sugli interpreti, ma per i corpi, il corpo come una pun-teggiatura e racconta anche di aver continuamente rilavorato a questo balletto nel tempo, modificandolo o migliorandolo, cambiando i costumi o la luce. Si tratterà dunque di passare da una zona all’altra in assoluta libertà, connettere questa adesione alla forma come unico spazio aperto che ancora ci è concesso, immaginando che tra un pezzo e l’altro non ci sia un vero e proprio intervallo, con il sipario che chiude e il pubblico che esce, ma un semplice movimento che porti tutto a ricomporsi e ad aprirsi su una nuova visione. Il nero si aprirà a una luce lattiginosa e compatta, a un elettrico azzurro Balanchine.


COSTUMI
I costumi realizzati dalla giovane costumista Laura Dondoli sono pensati come abiti che non chiudono il corpo né lo disegnano, ma contribuiscono cromaticamente all’equilibrio dell’intera visione, portando fuori la nuance emotiva di Verklärte Nacht, per poi trasformarsi in un’immagine a specchio per Serenade. Dunque nuances tono su tono, colori notturni, cielo e bosco, accesi all'improvviso da colori caldi- “albeggianti" a sostenere l’idea di uno stato d’animo che si trasforma come un paesaggio mutevole. Il bosco, la notte è davanti a noi o forse è ovunque intorno a noi.


RASSEGNA STAMPA
(…) ‘compositrice' della scena, singolare regista e depositaria di un sapere non scontato, Cristina Kristal Rizzo è quella figura capace di non bastarsi mai dei territori conquista-ti, spingendosi verso una continua ricerca nel disattendere prima di tutto se stessa.
Nel nuovo progetto si misura con due totem novecenteschi, lo Schönberg di Verklärte Nach-te la Serenata in do maggiore per archi di Cajkovskij, due parti di uno stesso programma che ha per titolo VN Serenade, spettacolo bellissimo concentrato sull'unitarietà della forma a trasfigurare la relazione prima a due e poi dell’insieme degli interpreti, puntualizzando le possibilità di movimento indagate già dal precedente Prélude e che oggi trovano una sintesi perfetta. La stessa Rizzo, lasciando spazio ai suoi danzatori ritagliandosi la sola interferen-za di un cameo, la vediamo in stato di grazia nel muoversi.
(Paolo Ruffini_ LIMINATEATRI.IT)


(…) Per i chiari parametri di bellezza, eleganza e altresì di fisicità, sono coreografie essen-ziali, ma anche molto intense e suggestive quelle che sostanziano l’operare di Cristina Kri-stal Rizzo. (…) Si è al cospetto di immagini che, confrontandosi con la partitura musicale, non ne sono semplicemente commento o narrazione visiva ma, nel loro crescendo dinami-co, nell’alternanza delle linee e delle forme disegnate nello spazio, nonché nella variazione e reiterazione dei gesti, movimenti e traiettorie, diventano mirabilmente un tutt’uno con essa.
(…) Pubblico coinvolto, avvinto e rapito dalla pregnante sequenza di immagini di gran cari-sma. forza ed espressività e, naturalmente, dalla straordinaria bravura dei ballerini.
(Marinella Polli_ CORRIERE DEL TICINO)


(…) A Rizzo interessa una danza viscerale, istintiva, che attinge dall’improvvisazione nell’ascolto musicale, quasi a inseguire una linea più pittorica che narrativa celata nella musica schönberghiana. (…) Rizzo realizza così, con un’invenzione fresca, una giunzione dei moti musicali con i moti gestuali, in cui le immagini che questi suggeriscono sembrano snodarsi come per germinazione.
(Giuseppe Distefano _ ARTRIBUNE)


(…) Qui niente è più tenuto, il gesto è naturale e la tecnica release domina. E le soprese so-no a getto continuo, perché sagace è il gioco di rimandi. Facendo proprio il pensiero di Ba-lanchine che definiva il balletto “solo danzatori in movimento su un meraviglioso brano mu-sicale. Una serenata, una danza e se vi piace, illuminata dalla luna” la nostra brava coreo-grafa trova ottantatré anni dopo il suo giusto canto della luna.
(Marilù Buzzi_ DANZA&DANZA)
img
img