Family S.F.
Concept e Coreografia
Cristina Kristal Rizzo
con
Eugenio Pezzato, Desdemona Ventroni, Silenia Ventroni
Produzione
CAB 008
Prima rappresentazione
Firenze, Cango, 10 giugno 2015
DURATA
25'
Il dono di sé è un dovere ineludibile che fa tutt'uno con il proprio desiderio.
Far disparire un limite che potrebbe contenere la potenza. Far emergere una struttura espressiva, un ritmo.
Il prodotto di un occhio, un orecchio o una mano che seleziona e astrae alcune qualità dalla percezione per porle in atto nell'opera da compiere. La qualità del tempo dell'affezione domestica. Una casa è un ritmo. Il sentimento estetico della natura. L'evoluzione cosmica passa per le fasi alternate dell'odio e dell'amore. La tua stessa esistenza come scandalo della verità. Un oracolo della necessità. Un ospitalità generosa. Un'obbedienza al vento. Un movimento rarefatto. Si lavora sulla prensione sottilissima. Senza scossa e senza rumore. La pratica del pensiero entra nella terra e la rende aromatica.
La progressiva esplorazione dell’ambiente, e il sempiterno processo di costruzione e decostruzione del nido familiare, sembrano essere i temi affrontati da Cristina Rizzo in Family S.F., dove un atipico – ma lo è poi davvero? – gruppo composto da due donne e un bambino edifica la scena spostando quegli oggetti (un mappamondo, una valigia, un paio di occhiali) che, nella loro apparente banalità, formano il rassicurante tessuto sul quale ognuno traccia la propria esistenza.
Alessandro Iachino, “teatroecritica.net”, 18 giugno 2015
Cristina Rizzo, con Family S.F., fa muovere due ragazze e un bambino tra gli oggetti di una casa, raccogliendoli e facendone dono, prodotto di uno sguardo, di un ascolto o di un’azione. La stessa coreografa in campo, seleziona una musica ed estrae alcuni oggetti ai quali conferisce un ritmo che, ripreso dai tre, diventa suono, movimento circolare, battito, corsa. I dettagli delle pose, le andature, le posture, le figurazioni, le traiettorie, le friabili azioni, i gesti ripetuti delle tre performance aprono a nuovi sguardi della vita dell’individuo e del gruppo, generando condivisione.
Giuseppe Distefano, “Il Sole 24 Ore”, 17 giugno 2015